“che la fine sia folgorante”

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Valerio Verbano… dopo trent’ anni il ricordo è ancora vivo.

"Sono tanti i motivi per i quali, dopo trent’anni, non ho smesso di
cercare il colpevole. E tra tanti, ce n’è uno che è proprio una
tortura. Quando questo ragazzo è comparso davanti ai miei occhi, non
aveva il passamontagna. Potrei ancora identificarlo".


Trent’anni fa veniva ucciso nella sua casa Valerio Verbano, davanti
gli occhi della madre Carla, per mano dei fascisti dei Nar. Valerio era
uno studente del liceo Archimede, attivo nelle campagne di
controinformazione che ricostruivano i legami tra settori dello stato,
eversione nera e poteri forti. Una passione per la libertà e la
giustizia sociale che ha pagato con la vita.


Un anniversario dal forte valore simbolico che, ancora una volta,
vogliamo vivere come occasione collettiva di difesa della memoria
storica, battaglia di verità e giustizia. Ma anche come occasione di
lotta e di movimento. Non è un caso che negli ultimi anni si sono
moltiplicati i progetti culturali, sportivi e di aggregazione dedicati
a Valerio, per fare della memoria uno strumento di trasformazione del
presente.


Ricordare oggi Valerio, significa continuare a lottare per una
società più libera, contro la paura e l’egoismo, per nuovi diritti di
cittadinanza, contro un modello sociale fondato ancora sullo
sfruttamento. Significa concretamente strappare spazi alla
speculazione, affermare il diritto alla casa, contrastare la precarietà
di vita e di lavoro, aprirsi a una società multiculturale, praticare
autonomia e indipendenza.


Ricordare oggi Valerio significa valorizzare i percorsi avviati in
questi anni nei nostri quartieri, nelle scuole e in tutta la città. Per
queste ragioni abbiamo pensato a un calendario di iniziative che prova
ad esprimere tutta la ricchezza e la complessità di questo filo rosso
della memoria.


Si inizia giovedì 18 febbraio, alle 17, all’Astra 19 di via Capraia,
con la presentazione del libro scritto da Carla Verbano; si prosegue
sabato 20, alle 16, con un corteo cittadino che attraverserà i luoghi
di vita di Valerio ma anche le vertenze del territorio, per poi
concludersi a piazza Sempione con un grande concerto, in cui si
esibiranno – tra gli altri – 99 Posse e Assalti Frontali. Un luogo
scelto non a caso, che ha visto una grande esperienza di autogestione,
produzione culturale e contrasto della speculazione, il centro sociale
Horus, al centro di una vertenza ancora viva, nonostante lo sgombero
dello scorso novembre. Infine, lunedì 22 febbraio, giorno
dell’anniversario, ci saranno due appuntamenti: la mattina, al liceo
Archimede, organizzato dalle reti studentesche cittadine; il
pomeriggio, dalle 16, il presidio "Un fiore per Valerio".


A distanza di trent’anni, vogliamo proseguire il percorso di lotta e
di passione per la vita di Valerio, non per odio ma per dignità.


Valerio vive.


Le compagne e i compagni di Valerio

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lettera inviata nel 1855 al presidente degli stati uniti Franklin Pierse dal capo Sealth della tribù Duwanish

questa è una versione ridotta della lettera ma il senso della stessa non muta…

 

Il grande capo che sta a Washington ci manda a dire che egli desidera
acquistare la nostra terra. Come si può comprare o vendere il cielo, il
calore della terra? La cosa ci sembra strana. Noi non siamo proprietari
della purezza dell’aria, dello scintillio delle acque. Come si può
comprare tutto questo da noi. Ogni angolo di questa terra è sacro per
il mio popolo. Ogni lucente ago di pino, ogni spiaggia sabbiosa, ogni
bruma nei boschi oscuri, ogni insetto ronzante è sacro nella memoria e
nell’esperienza del mio popolo. Noi sappiamo che l’uomo bianco non
capisce i nostri motivi. Una porzione di terra è eguale a qualsiasi
altra per lui, perché egli è uno straniero che viene nella notte e
prende dalla terra qualsiasi cosa di cui abbia bisogno. La terra non è
sua sorella, ma sua nemica, e quando l’ha acquistata, l’abbandona. Egli
lascia la tomba di suo padre e il luogo dove i suoi figli sono nati
viene dimenticato.
Non ci sono posti quieti nella città dell’uomo bianco. Nessun posto
dove sentire lo struscio delle foglie primaverili o il frusciare delle
ali degli insetti. Ma forse io sono un selvaggio e non capisco. Ma che
senso ha la vita se un uomo non può sentire il piacevole gridare del
succiacapre o il gracidare della rana di notte attorno allo stagno?
I bianchi pure passeranno, forse più presto di altre tribù. Continuate
a contaminare il letto dove vivete e una notte, quando i bufali saranno
stati tutti massacrati, i cavalli selvaggi tutti domati, i più segreti
angoli della foresta saranno appesantiti dal lezzo di molti uomini, e i
panorami delle fertili colline sfigurati dalle linee dei fili che
portano parole, soffocherete nei vostri rifiuti. Dove sarà la selva?
Sparita. Dove sarà l’aquila? Sparita. Che senso avrà dire addio al
rondone e alle cacce se non la fine della vita e l’inizio della
sopravvivenza?

Capo indiano Sealth della tribù Duwanish

 

 una versione integrale la potete trovare a questo link

http://digilander.libero.it/scuolaacolori/intercultura/materiali/sealth.htm

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carnevale 2010

carnevale-in-laboteca

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*De la felicità*–Pablo Neruda–

*De la felicità*


*Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine,*

*ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,*

*chi non cambia la marca, il colore dei vestiti,*

*chi non parla a chi non conosce.*

*Muore lentamente chi evita una passione,*

*chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni,*

*proprio quelle che fanno brillare gli occhi,*

*quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,*

*quelle che fanno battere il cuore davanti all’errore e ai sentimenti.*

*Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,*

*chi è infelice sul lavoro,*

*chi non rischia la certezza per l’incertezza per inseguire un sogno,*

*chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati.*

*Lentamente muore chi non viaggia,*

*chi non legge, chi non ascolta musica,*

*chi non trova grazia in se stesso.*

*Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio,*

*chi non si lascia aiutare;*

*chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.*

*Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,*

*chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,*

*chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.*

*Evitiamo la morte a piccole dosi,*

*ricordando sempre che essere vivo*

*richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.*

*Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità.*

 Pablo Neruda

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schiavi da morire

rosarno

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la labo:teca c’è

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solidarietà a chi lotta

operai sul tetto della videocolor20-10-2009/12:54
— Questa mattina i 1.300 operai della Videocon (ex Videocolor) di
Anagni minacciati di licenziamento (dopo cinque anni di cassa
integrazione a intermittenza e un anno di CIG straordinaria) sono
tornati a protestare.
Ieri si erano già arrampicati sui tetti
della fabbrica, ma di fronte all’arrogante latitanza della direzione
aziendale – una multinazionale indiana – oggi hanno deciso di irrompere
sull’autostrada Roma-Napoli bloccandola in entrambi i sensi di marcia.
Il Prefetto di Frosinone si è precipitato sul luogo ed è stato ospitato
sui tetti della fabbrica per iniziare lì i negoziati con i
lavoratori. Denuncia ai microfoni di Radio Città Aperta Paolo Sabatini,
dirigente dell’SdL e operaio, che "la ex Videocolor, seconda industria
del Lazio per numero di occupati è stata acquisita ormai da circa
cinque anni dalla multinazionale indiana Videocon con la promessa di un
rilancio industriale dello stabilimento. Da allora ad oggi la
multinazionale ha perseguito il suo reale obiettivo e cioè quello di
costituire una rete commerciale in Italia ed in Europa per le
produzioni industriali effettuate con i marchi Videocon tra cui ad
esempio marchio Nordmende, quasi esclusivamente importati dall’India”.
Sottolinea ancora Sabatini in diretta ai microfoni di Radio Città
Aperta mentre era in corso il blocco dell’autostrada: “Dei progetti di
industrializzazione presentati ormai cinque anni fa non vi è più
traccia ed ora dopo cinque anni di cassa integrazione la proprietà
annuncia la chiusura dello stabilimento anagnino ed il licenziamento di
tutti i lavoratori. L’SdL Intercategoriale e le altre Organizzazioni
Sindacali richiedono l’immediato ritiro del licenziamenti e la
reindustrializzazione del sito come da impegni che la stessa Videocon
ha assunto nel corso degli ultimi incontri presso il Ministero dello
Sviluppo Economico”. 

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cos’ è la labo:teca

cos' è la laboteca

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La storia non si cancella!!

 

  

 10 febbraio 2009

Che giorno e’ oggi?

Il giorno del ricordo e’ stato istituito con la legge n.92 del 30 marzo
2004 in memoria del genocidio commesso dagli jugoslavi e dell’esodo
giuliano-dalmazio.

La ‘foiba’ e’ una cavita’ carsica, solitamente di origine naturale
(grotte), con ingresso a strapiombo.
Sono diffuse soprattutto nella provincia di Trieste, nelle zone della
Slovenia, dell’Istria e della Dalmazia.

Con l’annessione degli anni ’20 al Regno d’Italia di Gorizia, Trieste,
Istria e Zara, territori che includevano forti minoranze slovene e
croate, lo Stato italiano, in un primo tempo espresse l’intenzione di
rispettare le minoranze etniche, ma questa volontà si scontrò ben presto
con il nascente fascismo. Fu infatti varata in tutta Italia una politica
di assimilazione delle minoranze etniche e nazionali, che prevedeva
l’italianizzazione di nomi, cognomi e toponomastica, la chiusura delle
scuole slovene e croate, gli insegnanti licenziati o costretti ad
emigrare, il divieto dell’uso della lingua straniera in pubblico. Un
programma di distruzione integrale dell’identita’ jugaslava e croata,
testimoniato anche dalle parole di Mussolini:

« Di fronte ad una razza inferiore e barbara come la slava non si
deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone.
[…] I confini dell’Italia devono essere il Brennero, il Nevoso e le
Dinariche: io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a
50.000 italiani » (Benito Mussolini, discorso tenuto a Pola il 24
settembre 1920)

CRIMINI DEL FASCISMO: IL MASSACRO DEGLI SLAVI

Le politiche fasciste determinarono la fuga di gran parte delle minoranze
dalla Venezia Giulia ma, soprattutto, il consolidamento di un fortissimo
sentimento antitaliano e l’insorgere di un movimento di resistenza, che
provocò la nascita di una violenta repressione da parte del regime
fascista.
Per reprimere la guerriglia furono istituiti campi di concentramento in
cui furono reclusi elementi slavi giudicati "sediziosi". Tra questi si
ricordano quelli di Arbe e di Gonars.
Alcuni campi, furono quindi creati anche in Italia. Vogliamo porre
attenzione proprio su uno di questi, creato a pochi chilometri da Sora:
"Le Fraschette", Alatri (FR).

Nell’aprile 2002, la Biblioteca Comunale di Alatri organizzava un
convegno dal titolo: "Dossier Fraschette 1942-2002", con lo scopo di
interrompere la congiura del silenzio in corso sull’argomento.
Con la consultazione dei registri di morte, si nota che l’elenco e’
lunghissimo. Morivano in percentuale il 95% degli internati slavi, quasi
ogni giorno, da 2 mesi a 89 anni di eta’.
Nel luglio ’43 su 1162 slavi presenti nel campo, circa 500 erano bambini,
quasi tutti orfani. I detenuti erano civili, familiari di "ribelli slavi"
tenuti in ostaggio per convincere i partigiani a rinunciare alle loro
attivita’ in cambio del ritorno a casa degli internati.
Le dimissioni di Mussolini del 25 luglio del ’43, non modificarono la
situazione del campo, che, anzi, arrivo’ ad un numero di 4500
prigionieri. Il campo di concentramento "Le Fraschette" presentava varie
deficienze costruttive, organizzative e funzionali, testimoniate anche da
un’ispezione dello stesso Prefetto di Frosinone nel 1943.
Le condizioni di vita erano pessime, come testimonia una sopravvissuta,
Milena Gziak, arrestata a soli 13 anni:
"Il campo di Fraschette era collocato in una conca disabitata, circondata
da monti. Eravamo quasi solo donne. Il vitto era impossibile: un mestolo
di brodaglia e un etto di pane al giorno. Sporcizia rivoltante nei luoghi
dove il cibo veniva preparato. Spaventose soprattutto le condizioni delle
croate e delle greche, tanto da essere costrette ad aggirarsi attorno ai
bidoni della spazzatura onde recuperare bucce di patate e qualche altro
scarto".

LE PRIME FOIBE DEL 1943

Con l’armistizio tra Italia e Alleati dell’8 settembre 1943, e con il
conseguente "distacco" dell’Istria dall’Italia e l’annessione alla
Jugoslavia, iniziano i primi fenomeni di ‘Foibe’.
In Dalmazia, il 10 settembre, mentre Zara veniva presidiata dai tedeschi,
a Spalato ed in altri centri entravano i partigiani. Vi rimasero sino al
26 settembre, sostenendo una battaglia difensiva per impedire la presa
della città da parte dei tedeschi. Mentre si svolgevano quei 16 giorni di
lotta, i partigiani soppressero 134 italiani, compresi agenti di pubblica
sicurezza, carabinieri, guardie carcerarie ed alcuni civili.
Nei mesi successivi, ci furono nuove ondate di violenze di matrice
nazi-fascista, per rioccupare l’Istria. I nazisti guidati dai fascisti,
misero a ferro e fuoco l’Istria, incendiando decine di villaggi,
uccidendo 3000 partigiani e deportando nei campi in Germania circa 10000
persone.

FOIBE MAGGIO-GIUGNO 1945: MASSACRO DI FASCISTI, ANTIFASCISTI E OPPOSITORI
POLITICI

Tra marzo e aprile del ’45, alleati e jugoslavi si impegnarono nella
corsa per arrivare primi a Trieste. Vinse la IX armata di Tito che entrò
in città il 1° maggio alle 9.30. Gli ordini di Tito e del suo Ministro
degli Esteri non si prestavano ad equivoci:

«Epurare subito», «Punire con severità tutti i fomentatori dello
  sciovinismo e dell’odio nazionale».

Segui’ l’arresto di molte migliaia di persone, in larga maggioranza
italiane, ma anche slovene contrarie al progetto politico comunista
jugoslavo.
Le autorità militari avevano il mandato di ristabilire la legittimità
della nuova situazione creatasi con operazioni militari di occupazione.
L’OZNA, la polizia segreta jugoslava, invece, operava nella più totale
autonomia. Il compito della stessa era quello di arrestare i componenti
del CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) e delle altre organizzazioni
antifasciste italiane nonché tutti coloro che avrebbero potuto opporsi
alla futura annessione della Venezia Giulia alla Jugoslavia, rivendicando
l’appartenenza della stessa all’Italia.

I condannati furono scaraventati nelle foibe o nelle miniere di bauxite,
alcuni mentre erano ancora in vita.
La maggior parte delle vittime, date per infoibate, sono state inviate
nei campi di concentramento jugoslavi  (tra i quali va
ricordato quello di Borovnica), dove molte furono uccise o morirono di
stenti o malattia. Tra i caduti figurano parte dell’alta dirigenza
italiana contraria sia al comunismo, sia al fascismo (tra cui compaiono
numerosi capi di organizzazioni partigiane anti-fasciste), membri del
Partito nazionale fascista, ufficiali e funzionari pubblici, sloveni e
croati anti-comunisti, collaboratori e nazionalisti radicali e semplici
cittadini.

A Gorizia e Trieste (occupate dal 1° maggio), i massacri cessarono con
l’arrivo degli alleati il 12 giugno.

Con il trattato di Pace firmato a Parigi il 10 febbraio 1947, tra la
Repubblica Italiana e le potenze vincitrici, si mise formalmente fine
alle ostilita’. I territori appartenenti all’Italia, quali le isole
adriatiche di Cherso, Lussino, Lagosta e Pelagosa, dell’Istria a sud del
fiume Quieto, e della città di Fiume, e quella che è attualmente la parte
occidentale della Slovenia, vennero ceduti alla Repubblica Socialista
Federale di Jugoslavia.

Nel dopoguerra, non furono mai effettuate stime scientifiche del
numero delle vittime; gli studi effettuati valutano in un numero compreso
tra le 5.000 e le 11.000.

Il massacro delle foibe va inserito nel periodo storico (svoltosi fra il
Congresso di Vienna e la Seconda guerra mondiale), noto come l’ ”epoca
dei nazionalismi”.
Nel corso di tale periodo furono innumerevoli le minoranze etniche a
essere distrutte: una tragedia che coinvolse decine di milioni di
europei, provocando milioni di vittime.

La Rete Antifascista Autorganizzata cerca, in maniera critica, di
ricordare tutte quelle vicende che portarono al compimento di
deportazioni, esecuzioni sommarie, atrocita’ che macchiarono, e
macchiano, indelebilmente la storia. Oggi piu’ che mai, abbiamo l’obbligo
di capire TUTTE le colpe, senza falsificazioni e mistificazioni, per una
vera memoria critica.
La storia non puo’ essere riscritta ed e’ bene che se ne parli a 360
gradi.


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fonti:

http://it.wikipedia.org/wiki/Foibe
http://it.wikipedia.org/wiki/Fraschette
http://www.nuovaalabarda.org/dossier/il_campo_di_internamento_di_alatri.pdf
http://it.wikipedia.org/wiki/Trattato_di_pace_con_l%27Italia_(1947)

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